Danno patrimoniale
Consiste nell'effettivo impoverimento subito da un soggetto in conseguenza di un fatto illecito. Deve essere quindi riferito all'attività lavorativa svolta dal danneggiato, ma anche a tutte le conseguenze economiche negative dell'evento dannoso. Chiarificatrice è in proposito la Sent. Cass. 2368/84 "…diminuzione del patrimonio tramite l'altrui condotta, anche per effetto delle spese sostenute dal danneggiato per la ricostruzione o la riparazione delle cose su cui ha avuto incidenza la causa dannosa, ovvero indirettamente con la perdita o riduzione del reddito o anche con il venir meno di una attesa di guadagno ".
Il danno patrimoniale è stato definito dalla Consulta (Sent. 184/86) "danno-conseguenza" perché si concretizza solo in un momento successivo rispetto al fatto illecito e costituisce una derivazione del danno diretto che è quello biologico. Trattandosi di un pregiudizio eventuale - non sempre infatti una lesione determina una diminuzione patrimoniale - deve essere specificamente provato.
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 1223 e 2056 cod.civ., il risarcimento deve comprendere il danno emergente (le effettive perdite subite dal danneggiato rispetto all'epoca precedente all'avvenuta lesione) ed il lucro cessante (il mancato guadagno, vantaggio, utilità che il soggetto leso avrebbe potuto conseguire se il fatto illecito non si fosse verificato).
Come si può immaginare, la prova del danno emergente (così come la sua quantificazione) non presenta particolari problemi. Diversamente per il lucro cessante, che pure deve essere provato, è necessario ricorrere ad una previsione ragionevole e fondata che il guadagno si sarebbe prodotto. La prova del lucro cessante è riferita, in particolare, al reddito che l'infortunato avrebbe potuto produrre nel corso della vita se non si fosse verificato l'evento dannoso: il risarcimento pertanto è strettamente commisurato alla professione svolta.
Per il libero professionista si fa riferimento al reddito netto da attività professionale più elevato dichiarato ai fini IRPEF negli ultimi tre anni. Per il lavoro dipendente, la Cassazione fa invece riferimento al reddito netto comprendendo oltre al salario o stipendio tutti i compensi che abbiano carattere di continuità. Se la persona lesa è una casalinga , il risarcimento deve essere commisurato al lavoro da questa svolto e riferito al compenso dovuto ad altra persona per lo svolgimento delle stesse attività.
Da ultimo il Nuovo codice delle assicurazioni private, il d.lgl 209 del 2005, ha disciplinato la materia del danno patrimoniale all'art. 137. Prevede che, nel caso di danno alla persona, quando per il risarcimento si debba considerare l'incidenza dell'inabilita' temporanea o dell'invalidita' permanente su un reddito di lavoro comunque qualificabile, tale reddito deve determinarsi come segue:
- lavoro dipendente
Sulla base del reddito di lavoro, maggiorato dei redditi esenti e al lordo delle detrazioni e delle ritenute di legge, che risulta il piu' elevato tra quelli degli ultimi tre anni - lavoro autonomo
Sulla base del reddito netto che risulta il piu' elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini IRPEF negli ultimi tre anni ovvero, nei casi previsti dalla legge, dall'apposita certificazione rilasciata dal datore di lavoro ai sensi delle norme di legge.
Tali indici non sono rigidi, ma le parti possono dimostrare di aver subito un danno maggiuore. Tuttavia se da ciò si accerti che il reddito sia superiore di oltre un quinto rispetto a quello risultante dall'applicazione dei criteri di cui all'art. 137 d.lgl 209\05, giudice segnala tale risultanza al competente ufficio dell'Agenzia delle entrate.
In tutti gli altri casi il reddito che occorre considerare ai fini del risarcimento non puo' essere inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale.
Danno biologico
E' il danno all'integrità fisica; la modificazione peggiorativa delle funzioni naturali afferenti al soggetto ed antecedenti all'evento considerato. Il concetto di risarcibilità della lesione fisica in quanto tale - indipendentemente dalla perdita di capacità lavorativa - si è affermata in tempi relativamente recenti.
L'evoluzione è stata determinata da una serie di pronunzie della Corte di Cassazione e, soprattutto, della Corte Costituzionale che ha individuato nell'art. 32 Cost. il fondamento normativo del c.d. danno biologico o danno alla salute.
In materia RC auto, il danno biologico è specificamente definito come "lesione temporanea o permanente all'integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di reddito "art 139 comma 2" codice delle assicurazioni private.
La quantificazione del danno, nasce da una corretta valutazione medico-legale effettuata dal consulente sulla base di apposite tabelle che tendono a favorire l'uniformità delle valutazioni rapportate ad un'ampia casistica pratica. Nelle tabelle mediche ogni lesione fisica corrisponde ad una diminuzione in termini percentuali dell'integrità della persona valutata al 100%.
I danni alla persona sono espressi, ai fini del risarcimento, in punti percentuali distinguendo le lesioni permanenti da quelle temporanee (totali o parziali) e facendo riferimento all'età della persona; con questo sistema gli stessi punti di invalidità sono risarciti in misura decrescente con l'aumentare dell'età del danneggiato.
Quanto al valore attribuito a tali punti, non esisteva uniformità di valutazione: in assenza di una precisa normativa in materia ogni Tribunale aveva elaborato le proprie tabelle di riferimento. Poichè il concetto di danno biologico coinvolge la persona nella sua interezza, pertanto era ritenuto risarcibile anche il pregiudizio che coinvolga aspetti diversi dalla salute in senso stretto. In quest'ottica vanno considerate alcune specifiche accezioni di danno quali: il danno estetico, il danno alla sfera sessuale e il danno esistenziale correlato ad un genetico "diritto ad una vita felice e serena".
Ma il legislatore è intervenuto prima sulle c.d. lesioni "micropermanenti ". Si definiscono tali le lesioni che influiscono in misura minore al 9-10% sulla capacità totale e, per la loro modestia, non coinvolgono la capacità lavorativa della persona infortunata.
La legge 5 marzo 2001 n. 57 e il Codice delle assicurazioni del 2005 all'art. 138 stabiliscono i principi da liquidazione di tali danni stabilendo il valore del punto base in €. 619,75 che aumenta in misura più che proporzionale rispetto all'aumento percentuale assegnato ai postumi. Nel caso di micropermanenti cui non siano associati danni a cose, l'assicurazione ha l'obbligo di formulare l'offerta di risarcimento (o di comunicare i motivi che ne impediscono la proposizione) nel termine di 90 giorni dalla domanda.
L'ammontare del danno biologico liquidato seguendo la tabella ministeriale puo' essere aumentato dal giudice , qualora la menomazione incida in maniera rilevante su aspetti dinamico - relazionali personali, in misura non superiore ad un quinto rispetto alla quantificazione tabellare, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato.
La medesima discilplina è prevista dall'art. 138 per le lesioni permanenti di non lieve entità, con la differenza che il limite entro il quale il giudice può variare il risarcimento in funzione di un "maggior danno" subito è del 30 %.
Il legislatore, pertanto, ha scelto di limitare entro livelli predefiniti la personalizzazione del danno, con l'unica differenza che il limite viene spostato al 30 % per le lesioni di non lieve entità.
Ciò comporta che tutte le riprcussioni negative patite dalla vittima nella sfera del c.d. danno esistenziale, trovano riscontro, secondo il legislatore, attraverso il ristoro del danno biologico, entro quei limiti di personalizzazione di cui sopra.
Appare comunque opportuno ricordare che nei settori diversi da quello dell'infortunistica stradale restano in vigore le tabelle giurisprudenziali che possono essere integrate delle compromissioni nella sfera esistenziale patite della vittima attraverso la corresponsione di altre voci risarcitorie.
Ad oggi pertanto la vittima di un sinistro stradale che patisca identiche lesioni originate da altri tipi di illecito verrebe risarcita in maniera inferiore.
Danno morale
Consta dei patimenti morali, dalle ansie, dalle sofferenze psichiche (che non rientrino nella patologia altrimenti saremmo nell'abito del danno biologico), conseguenti alle lesioni subite. La base normativa del danno morale è rappresentata dall'art. 2059 cod. civ. intitolato "Danni non patrimoniali" il quale dispone che i danni non patrimoniali debbano essere risarciti solo nei casi indicati dalla legge .
L'interpretazione tradizionale ravvisava quale unico caso indicato da una norma la presenza di una reato sulla base del combinato disposto dell'art. 2059 c.c. con il 2° comma dell'art. 185 cod. pen. "ogni reato che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili debbano rispondere del fatto di lui".
Quest'interpretazione restrittiva, la cui erosione era cominciata ad opera della dottrina, ha subito un'inversione di tendenza a seguito di recentissime sentenze della Suprema Corte le quali estendono il risarcimento del danno ad ipotesi che esulano dall'accertamento del reato.
La Suprema Corte nella Sent. 7- 31 maggio 2003 n. 8828, ha enunciato il seguente principio di diritto: "alla risarcibilità del danno non patrimoniale ex artt. 2059 c.c. e 185 c.p. non osta il mancato positivo accertamento della colpa dell'autore del danno se essa, come nel caso di cui all'art. 2051 c.c., debba ritenersi sussistente in base ad una presunzione di legge e se, ricorrendo la colpa, il fatto sarebbe qualificabile come reato". Il risarcimento del danno morale è generalmente determinato in misura pari ad ½ - ¼ del danno biologico