In buona sostanza, sul conducente di un veicolo grava un preciso obbligo di ispezionare continuamente la strada che sta per impegnare, attraverso l'esercizio di un costante controllo del veicolo in rapporto alle condizioni della strada stessa e del traffico.
Chi si pone alla guida di un mezzo, dunque, deve prevedere, secondo i Supremi Giudici, tutte quelle situazioni che la comune esperienza comprende, in modo da non costituire intralcio o pericolo per gli altri utenti della strada.
Questo insieme di elementi configura in capo all'automobilista, quindi, una precisa posizione soggettiva che si rifà al più generale obbligo di diligenza riconnesso all'esercizio di un'attività foriera di pericolosità come la circolazione stradale.
Deriva, quindi, sul piano squisitamente giuridico, una prospettiva probatoria per nulla equilibrata, posto che, con la pronunzia in questione, viene superata quella sorta di presunzione (anche se non si tratta di vera e propria presunzione), per la quale la dimostrata condizione ed il provato stato di ubriachezza del pedone, potevano già di per sé sole orientare il giudizio in ordine alle responsabilità del sinistro, sollevando non poco il conducente sotto il profilo probatorio.
La Corte di legittimità, in concreto, rimane fedele a sé sessa ed a quell'orientamento più volte espresso (cfr. ex plurimis Cass. Pen. Sez IV, 13-10-2005, n. 44660 Galano, Fonti Foto It., 2006, 9, 2, 502 “Il conducente di un'autovettura deve tenere un comportamento improntato alla massima prudenza imposta dalle circostanze di tempo e di luogo per evitare qualsiasi incidente, ovvero dalle condizioni della strada, dalle condizioni ambientali e dallo stato di usura degli pneumatici, in quanto elementi tutti negativamente incidenti sull'efficacia frenante; la colpa concorrente del pedone che attraversi la strada fuori dalle strisce pedonali esclude la responsabilità dell'automobilista, solo se l'imprevedibile accelerazione della velocità della sua andatura sia tale da impegnare la strada al sopraggiungere dell'autovettura in modo tanto repentino, da rendere inevitabile l'investimento da parte dell'automobilista (nella specie, l'imputato, alla guida di un'autovettura con battistrada dotato di pneumatici anteriori talmente usurati da costituire una superficie liscia, veniva ritenuto responsabile di omicidio colposo per aver investito un pedone, persona di età avanzata, impossibilitata a correre speditamente poiché portatore di placche, mentre quest'ultimo impegnava la strada percorsa dell'auto, attraversandola diagonalmente e sotto una pioggia insistente)”), e ripreso anche in sede di merito (“Ai fini della configurabilità di una condotta colposa a carico dell'imputato per reato di omicidio colposo occorre verificare innanzitutto se, da un punto di vista oggettivo, il comportamento da lui tenuto alla guida dell'autovettura si sia uniformato alle regole di diligenza e prudenza che presidiano la disciplina della circolazione stradale ovvero sia stato inosservante di tali regole precauzionali di condotta, con la precisazione che in materia di investimento di un pedone perché possa essere esclusa la responsabilità el conducente dell'autoveicolo è necessario che questi si sia trovato, per motivi estranei a ogni suo obbligo di diligenza, nell'oggettività impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido e inatteso, occorrendo, inoltre, che nessuna infrazione alle norme della circolazione stradale e a quelle di comune prudenza sia riscontrabile nel suo comportamento” Trib. Nola, 20-01-2004) secondo il quale è preliminare, e pregiudizievole a qualsiasi altra disamina, la verifica del modo di atteggiarsi del conducente il veicolo.
Il comportamento del pedone nonchè le sue condizioni psico-fisiche integrano un giudizio puramente sussidiario, che però determina una verifica solo successiva in termini processual-temporali, ed eventuale.
Se l'ordine cronologico appare, dunque, dato certo, non altrimenti sicura è l'effettività di questa verifica, posto che l'inammissibilità della stessa è fortemente condizionata dalla sussistenza della prova dell'inosservanza dell'obbligo di diligenza da parte del conducente il veicolo.
Si deve, inoltre, rilevare che siffatta visione del problema, così come prospettata dalla pronunzia in commento, non può, però, definirsi consolidata e pacifica in quanto recentemente la Corte di Appello di Genova Sez. II, sentenza 17.04.2007, che ha sottolineato, invece, che nel caso di incidenti stradali in cui venga investito un pedone, è sempre necessario verificare un eventuale concorso di colpa di quest'ultimo nella causazione dell'incidente.
Nell'evidente contrasto fra le due contrapposte correnti di pensiero, si deve, comunque, cogliere l'indubbio rischio, insito nella decisione della S.C., di un trasferimento globale ed integrale della posizione di responsabilità in capo da un soggetto con correlativa e sinallagmatica deresponsabilizzazione di altra persona che, per converso, potrebbe apparire come concorrente (sul piano colposo e eziologico) nella causazione dell'evento.
Se, infatti, non è revocabile in dubbio la circostanza che l'assenza di infrazione da parte dell'automobilista (o motociclista) concreti un parametro di favore assolutamente intangibile per lo stesso, tale da porlo in una positiva condizione di assenza di elementi di antidoverosità, è altrettanto vero, però, che maggiormente rispondente a criteri di giustizia sostanziale sia l'opera di bilanciamento fra gli aspetti di colpa che possono contraddistinguere le contrapposte condotte.
Parimenti meritevole di una specifica attenzione appare l'elemento dell'imprevedibilità, carattere che deve connotare il comportamento del pedone e che configura la causa di esclusione della punibilità del soggetto investitore.
Senza perdersi in lunghe ed inutili dissertazioni, ritengo che tale parametro valutativo debba formare oggetto di una considerazione e di una elaborazione più approfondita rispetto a quanto emerge dalla sentenza in commento.
Soprattutto, corre l'impegno di meglio focalizzare il concetto di “oggettiva impossibilità” stabilendo rigorosamente cosa si intende far rientrare nel contesto dell'oggettività, perché ad impossibilia nemo tenetur.
nota di: Avv. Carlo Alberto Zaina